venerdì 15 luglio 2016

Milioni di parole, o solo silenzio

Continuo a non rassegnarmi all'abbandono di questo blog.
Pare evidente che non sono in grado di seguirlo con costanza e dedizione, ma a mia discolpa posso dire che ormai è un anno da quando non ho più un computer a casa, devo accontentarmi di quello sul posto di lavoro.
La causa? La pigrizia nel sostituire il mio pc precedente, deceduto senza pietà in un caldo mattino della scorsa estate, in primis. Poi la cronica mancanza di una entrata certa, nonostante un secondo lavoro appassionante e coinvolgente ma non in grado di rendermi economicamente indipendente.
E una depressione costante che fa da contorno alla situazione lavorativa personale stabile solo nell'instabilità, a un mondo che va sempre più verso qualcosa di brutto e irreversibile ma che non viene ascoltato nel modo giusto.
Giorni in cui lacrime e parole scorrono copiose.
Quindi: aspettatevi altri post, a breve e senza nessuna logica.
Le cose da dire sarebbero milioni, ma la sirenza del silenzio, del lasciare meno tracce possibili su questa Terra ove chiunque sembra preso dalla smania di apparire, è sempre molto affascinante.
Dovrò trovare un giusto compromesso con me stessa.

martedì 22 marzo 2016

In the age of information

Non posso e non voglio fermarmi a commentare quanto successo negli ultimi mesi (attentati, migranti,  sciacallaggio vario da parte di certi politici e dei loro seguaci). Voglio solo fermarmi un attimo e riflettere su un paio di cose.
È assolutamente evidente a chiunque che i nostri modelli culturali ed economici sono falliti miseramente.
Anche il pacifismo fine a se stesso, alla "guardate come siamo bravi siamo contro la guerra", che non porta altre azioni oltre alle marce e alle sfilate, forse addirittura rischia di peggiorare le cose, perché sistema le coscienze e non spinge le persone a cercare la vera radice dei problemi.
L'unica cosa capace di portare risultati, seppur piccoli e frammentati nel tempo, è l'azione concreta che ognuno di noi può portare nel mondo.
Sono contraria alle logiche di sviluppo neocolonialista del c.d. "mondo occidentale"?
Bene, allora sono anche disposta a consumare meno energia per scaldare casa in inverno, non sprecare corrente lasciando accese tutte le luci, usare solo l'acqua di cui ho bisogno.
Ma anche: modificare le mie abitudini di acquisto, prediligere acquisti col minor impatto possibile, premiare aziende dai comportamenti etici.
È ovvio che questo significa cambiare le nostre abitudini, in alcuni casi anche radicalmente.
Significa andare incontro a chi ha meno, significa essere disposti ad accogliere e proteggere chi scappa dalla parte del mondo rovinata dal nostro egoismo consumistico.
Ma significa anche, più di tutto, lavorare concretamente perché nel mondo ci sia più giustizia e più etica.
Chi ha voglia di farsi esplodere in nome di non si sa che, se può avere una casa ed un lavoro dignitoso, e insieme a lui tutti quelli a cui è legato?
Ovviamente la sto facendo semplice, perché, come detto all'inizio, questo post non è nato con l'intento di approfondire l'argomento, ma solo di lasciare spunti per riflettere.
Per iniziare ad approfondire il problema vi consiglio la lettura di un recente saggio di Noam Chomsky e Andre Vltchek, "Terrorismo Occidentale. Da Hiroshima ai droni" (ed. Ponte alle Grazie).
Perché a volte bisogna conoscere tutto il contesto, e non solo quello che abbiamo davanti agli occhi ogni  giorno.
Non possiamo certo riuscire a sapere tutto, ma dobbiamo ricordare che
(immagine tratta da http://worldlyminds.com)